"Vi invito, individualmente con le vostre imprese e collettivamente attraverso  le vostre
associazioni di categoria, ad abbracciare, supportare e implementare un insieme di
valori chiave nelle aree dei diritti umani, standard del lavoro e pratiche ambientali"

(Kofi Annan - Segretario Generale, Nazioni Unite
World Economic Forum, 31 gennaio 1999, Davos)

 


Il Global Compact delle Nazioni Unite incoraggia le imprese di tutto il mondo a creare un quadro economico, sociale ed ambientale atto a promuovere un'economia mondiale sana e sostenibile che garantisca a tutti l'opportunità di condividerne i benefici.
A tal fine, l'UN Global Compact richiede alle aziende e alle organizzazioni che vi aderiscono, di condividere, sostenere e applicare nella propria sfera di influenza un insieme di principi fondamentali, relativi a diritti umani, standard lavorativi, tutela dell'ambiente e lotta alla corruzione.

Si tratta di principi condivisi universalmente in quanto derivati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dalla Dichiarazione ILO, dalla Dichiarazione di Rio e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.

 

Diritti Umani
Principio I
Alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell'ambito delle rispettive sfere di influenza; e di
Principio II
assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani.
 

Lavoro
Principio III
Alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva;
Principio IV
l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio;
Principio V
l'effettiva eliminazione del lavoro minorile;
Principio VI
l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione.
 

Ambiente
Principio VII
Alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali; di
Principio VIII
intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale; e di
Principio IX
incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l'ambiente.
 

Lotta alla corruzione
Principio X
Le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l'estorsione e le tangenti.

Le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l’estorsione e le tangenti

Il 24 giugno 2004, nel corso del Global Compact Leaders Summit delle Nazioni Unite è stato annunciato che il Global Compact avrebbe adottato un decimo principio relativo alla lotta alla corruzione. L’adozione del X principio è avvenuta a seguito di una lunga consultazione tra tutti i partecipanti all’iniziativa. Gli esiti della consultazione sono stati estremamente positivi a conferma del riconoscimento da parte dei partecipanti dell’importante responsabilità del mondo del privato nell’eliminazione della corruzione e a conferma, al tempo stesso, della loro volontà di giocare un ruolo attivo nella lotta alla corruzione.

L’adozione del X Principio richiede ai partecipanti al Global Compact delle Nazioni Unite non solo di evitare la corruzione in ogni sua forma, ma anche di sviluppare politiche incisive e concreti programmi anti-corruzione. Le imprese sono chiamate assieme ai governi, alle agenzie delle Nazioni Unite e alla società civile a contribuire ad una economia mondiale più trasparente.

La definizione di corruzione
La corruzione può assumere varie forme che dalle più lievi fino alle tangenti istituzionalizzate. La definizione di Transparency International di corruzione è “l’abuso di potere per fini privati” e si riferisce non solo a fini finanziari, ma anche a vantaggi non economici.

La definizione di estorsione
Le Linee Guida OCSE per le Imprese Multinazionali definiscono l’estorsione in questo modo: “L’istigazione alle tangenti è l’atto di chiedere o costringere qualcun altro a farsi pagare tangenti. Diventa estorsione quando questa domanda è accompagnata da minacce che mettano in pericolo l’integrità di una persona o la vita delle persone coinvolte.”

La definizione di tangente
I Principi di Transparency International definiscono le tangenti come: “L’offerta o il ricevimento di qualsiasi tipo di regalo, di prestito, di onorario, di compenso o di altri vantaggi per o da qualsiasi persona giuridica per indurre a commettere qualcosa di disonesto, illegale nella condotta degli affari d’azienda”.

Il Global Compact suggerisce ai propri partecipanti di considerare i seguenti tre punti nella lotta alla corruzione per mettere in pratica il X principio:

  • a livello interno: come prima cosa, introdurre politiche e programmi anti-corruzione all’interno della propria struttura e nelle loro operazioni finanziarie;
  • a livello esterno: riferire all’interno della loro Comunicazione Annuale al Global Compact delle azioni intraprese per combattere la corruzione; e condividere le proprie esperienze e le buone prassi aziendali inviando esempi e casi pratici al Global Compact;
  • a livello collettivo: unire le proprie forze a quelle di aziende simili e di altri stakeholder.

Alle imprese é richiesto di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l’ambiente

Incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che non danneggiano l’ambiente è una sfida di lungo periodo per un’impresa che dovrà impegnarsi sia dal punto di vista delle gestione che della ricerca.

Per quanto concerne l’adesione al Global Compact per tecnologie che non danneggiano l’ambiente si intendono quelle descritte nel Capitolo 34 dell’Agenda 21 vale a dire quelle sane per l’ambiente. L’Agenda 21 definisce tecnologie sane per l’ambiente quelle “che proteggono l’ambiente, sono meno inquinanti, usano tutte le risorse in modo più sostenibile, riciclano i loro rifiuti e prodotti e gestiscono i rifiuti residui in un modo più accettabile rispetto a quanto facessero le tecnologie che esse sostituiscono. Non si tratta di singole tecnologie ma di sistemi generali che includono know-how, procedure beni e servizi, attrezzature così come processi organizzativi e gestionali”.

E’ importante capire come questa ampia definizione includa lo smaltimento e le tecniche di monitoraggio, ma soprattutto incoraggi approcci sempre più preventivi rispetto all’inquinamento e all’utilizzo di tecnologie di produzione più pulite. L’aspirazione di questo principio è dunque quella di ambire a tecnologie pulite in funzione del beneficio umano piuttosto che concentrarsi sulla produzione fine a sé stessa.

Le tecnologie proficue per l’ambiente ci consentono di ridurre l’uso di risorse finite e di utilizzare quelle esistenti in modo più efficace. Ad esempio i miglioramenti nella produzione delle batterie hanno consentito di ridurre in modo significativo l’uso di metalli pesanti tossici con un conseguente beneficio sostanziale per i consumatori.

Lo smaltimento, il trattamento e l’accantonamento dei rifiuti sono estremamente costosi sia in termini finanziari che ambientali. Poiché le tecnologie sane per l’ambiente generano meno rifiuti residui, l’uso continuo di tecnologie inefficienti aumenta i costi operativi per le imprese. Inoltre comporta il concentrarsi sui controlli e sui rimedi piuttosto che sulla prevenzione. Al contrario evitare i impatti ambientali negativi,attraverso la prevenzione dell’inquinamento e attraverso la progettazione di prodotti ecologici, aumenta l’efficienza e la competitività delle imprese e può anche condurre a nuove opportunità di investimento.

Riducendo l’inefficienza operativa, le tecnologie sane per l’ambiente comportano anche una minore emissione di agenti contaminanti per l’ambiente di cui beneficiano in primo luogo gli stessi lavoratori che vengono esposti a contatto con materiali pericolosi in modo estremamente ridotto oltre al fatto che a ridursi è anche il rischio di disastri ambientali veri e propri.

Impegnarsi nel rispetto del principio IX dipende dalla dimensione e dalla natura dell’azienda, in ogni caso tutte le imprese ambiranno a migliorare i loro profitti ma a far sì che essi provengano da un uso più efficiente delle risorse. Poiché questo principio include sia le tecnologie hard che i sistemi soft le modalità di applicazione sono numerose.

Al livello di singola unità produttiva il miglioramento della tecnologia potrebbe essere effettuato attraverso quattro mezzi principali:

  • modificare le tecniche o i processi di fabbricazione: dall’applicazione di semplici modifiche all’introduzione di sistemi più sofisticati che richiedono un impegno di ricerca e sviluppo;
  • cambiare i materiali di fabbricazione: in modo da utilizzare ad esempio, materie prime meno tossiche;
  • modificare i prodotti: ad esempio passando dai solventi a vernici “ad acqua”;
  • riutilizzare materiali nei siti lavorativi: separando, trattando e recuperando materiale utilizzabile dai rifiuti, le cosiddette “sinergie di produzione”.

Le misure strategiche volte a migliorare la tecnologia includono:

  • stabilire politiche corporative o a livello di singola impresa, sull’uso di tecnologie sane per l’ambiente;
  • produrre pamphlet informativi per gli stakeholder, che illustrino le performance ambientali e i benefici che nascono dall’uso di tecnologia sane per l’ambiente;
  • basare la ricerca e lo sviluppo sulle “regole della sostenibilità”;
  • utilizzare lo strumento della Valutazione del Ciclo Vitale (LCA) nello sviluppo di tecnologie e di prodotti, così da considerare gli impatti ambientali della fabbricazione, dell’uso e del successivo smaltimento del prodotto;
  • impiegare la Valutazione di Tecnologia Ambientale (EnTA), uno strumento d’analisi preposto ad assicurare che i processi decisionali relativi alla produzione siano sostenibili per l’ ambiente;
  • esaminare i criteri e le politiche d’investimento per i fornitori, e i clienti, per assicurare che le gare rispettino i criteri minimi sul rispetto dell’ambiente;
  • cooperare con altre industrie per assicurare che “le migliori tecnologie disponibili siano alla portata di tutti.

Alle imprese é richiesto di intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale

 

Si va sempre più affermando l'esigenza per le imprese di rispondere alle richieste della società di utilizzare sistemi di produzione che tutelino e proteggano l’ambiente.

Per dimostrare il loro impegno nel rispettare l'ambiente, le imprese devono cambiare il loro modus operandi. L’impresa deve pertanto impegnarsi ad adeguare il suo sistema di produzione a tutela dell’ambiente.

Da questi cambiamenti le imprese possono trarre molti benefici. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha identificato le seguenti ragioni per cui un’impresa dovrebbe assumere una condotta responsabile nei confronti dell’ambiente:

  • l’adozione di sistemi di produzione eco-compatibili aumenta la produttività dell'azienda;
  • si stanno sviluppando nuovi strumenti, quali esoneri fiscali o incentivi, per premiare le imprese che hanno dimostrato un atteggiamento responsabile nei confronti della tutela dell’ambiente;
  • le leggi atte a garantire la tutela dell’ambiente stanno diventando sempre più severe;
  • le compagnie assicurative preferiscono assicurare quelle imprese che hanno assunto condotte sempre più corrette nei confronti dell’ambiente;
  • le banche sono più propense a concedere prestiti ad imprese le cui operazioni non facciano gravare sulla banca il rischio di oneri legali relativi ad un mancato rispetto dell’ambiente;
  • una condotta responsabile rispetto alla tutela dell’ambiente ha un effetto positivo sull’immagine dell’impresa;
  • i lavoratori preferiscono lavorare per un’impresa che si è mostrata responsabile nei confronti dell’ambiente (e per imprese dove vigono buoni standard di sicurezza e salute per i lavoratori);
  • l’inquinamento ambientale minaccia la salute umana;
  • i clienti vogliono prodotti puliti.

Un'impresa può applicare il Principio VIII:

  • adottando un approccio precauzionale nei confronti delle sfide ambientali;
  • adottando gli stessi standard gestionali a prescindere dal paese in cui si opera;
  • garantendo la salvaguardia dell’ambiente nella gestione della catena di produzione;
  • facilitando il trasferimento di tecnologie di produzione che rispettino l’ambiente;
  • contribuire ad aumentare la consapevolezza nei confronti della tutela dell’ambiente nei paesi in cui l’impresa opera;
  • comunicare con la comunità locale;
  • condividere equamente i benefici.

Al fine di trasformare questi principi in pratica un’impresa può:

  • sottoscrivere la Dichiarazione Internazionale sulla Produzione Pulita dell’ UNEP;
  • lavorare con i fornitori al fine di migliorare le pratiche di salvaguardia dell’ambiente (gestione della catena di produzione);
  • ridefinire la strategia e la politica dell’impresa includendo la triplice dimensione dello sviluppo sostenibile (triple bottom line): non solo i profitti legittimi e necessari, ma anche il rispetto sociale del personale e della comunità, e quello ugualmente fondamentale dell'ambiente;
    raggiungere obiettivi e mete quantificabili;
  • sviluppare degli indicatori di sostenibilità economica, ambientale, sociale;
  • valutare e riportare i progressi ottenuti avendo incorporato i principi di sostenibilità nelle pratiche aziendali;
  • adottare statuti volontari, linee guida o codici di condotta, per iniziative sia globali che settoriali;
  • assicurare la trasparenza e un dialogo imparziale con gli altri stakeholder.

Alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali

L’idea di fondo è quella che prevenire è meglio che curare. In tale ottica le imprese dovrebbero considerare i seguenti elementi:

  1. se è vero che prevenire danni ambientali implica dei costi è altrettanto vero che riparare ai danni ambientali è molto più dispendioso sia in termini economici che per la reputazione di un’impresa;
  2. investire in processi di produzione che non rispettino l’ambiente, ha un ritorno economico di lungo periodo, più basso rispetto a quello garantito da operazioni che siano sostenibili per l’ambiente. Inoltre, l’utilizzo di tecnologie che rispettino l’ambiente, comporta minori rischi finanziari, e un importante stimolo per gli assicuratori;
  3. la ricerca e lo sviluppo che si basano su prodotti sostenibili da punto di vista ambientale, possono avere importanti benefici di lungo periodo.

L’interpretazione di “approccio preventivo”, può presentare problemi per alcune imprese. Molte di loro sarebbero in grado di prevenire un qualsiasi danno ambientale se solo avessero maggiore consapevolezza di quelli che sono i danni ambientali e le condizioni ambientali di base nelle aree in cui operano.
Per ovviare a questo è necessario sviluppare un tipo di approccio rispetto all’intero ciclo produttivo che consenta di:

  • Gestire gli imprevisti
  • Assicurare la trasparenza

Circa la valutazione degli imprevisti, esistono un numero considerevole di strumenti per reperire informazioni sulle tematiche e sull’impatto ambientale associato ai cambiamenti tecnologici, processuali e manageriali come ad esempio:

  • valutazione dei rischi ambientale: stabilisce le potenzialità di un danno involontario causato all’ambiente e i rischi connessi;
  • valutazione del ciclo vitale: analizza le opportunità che nascono da una buona politica ambientale;
  • valutazione d’impatto ambientale: valuta se gli impatti derivanti da progetti di sviluppo, rientrano in canoni accettabili;
  • valutazione ambientale strategica : valuta se nelle politiche e nei piani aziendali siano stati presi in considerazione ed eventualmente ridotti i rischi di impatto ambientale.

Questi strumenti costituiscono il database a cui una impresa deve far riferimento prima di decidere quali azioni intraprendere. Se la prevenzione assume un ruolo fondamentale nelle strategie aziendali, un ventaglio di azioni diventano possibili:

  • stabilire dei margini di sicurezza all’interno dei quali potersi muovere nelle zone che presentano ancora rischi considerevoli di imprevisti;
  • impedire o limitare attività ad alto rischio ambientale;
  • promuovere l’uso della migliore tecnologia;
  • realizzare produzioni pulite e adottare iniziative aziendali ecologiche;
  • comunicare con gli stakeholder.

Alle imprese é richiesto di sostenere l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione

 

Si definisce “discriminazione nell’impiego e nella professione” qualsiasi distinzione esclusione o preferenza che abbia l’effetto di annullare o determinare un trattamento che non rispetti l’equità e le pari opportunità applicata per ragioni legate a “razza, colore, sesso, religione, opinione politica, nazionalità o origini sociali”. Chiaramente le distinzioni basate strettamente su requisiti professionali non si considerano discriminazioni.

La discriminazione può emergere in una varietà di modi che vanno dall’accesso al lavoro, alla formazione professionale, al rispetto degli orari di lavoro, all’equa remunerazione, alle ore di riposo, alle vacanze retribuite, alla maternità, all’avanzamento di carriera, alla sicurezza e alla salute sul lavoro. In alcuni paesi ulteriori elementi di discriminazione sul luogo di lavoro stanno assumendo un’importanza crescente quali l’età o l’HIV.

Non discriminare significa semplicemente assicurasi che la selezione del personale venga effettuata sulla base della valutazione delle capacità professionali. I dipendenti che sperimentano la discriminazione sul lavoro vedono negate le loro opportunità e compromessi i loro diritti umani, questo determina influenze negative sugli individui e sul contributo che essi potrebbero dare alla società.

La discriminazione può assumere diverse forme, sia in merito all’opportunità di accedere ad un impiego e sia in merito al trattamento di dipendenti già assunti. La discriminazione è diretta quando esistono leggi o regole precise che la favoriscano sulla base di elementi quali il sesso o la razza. La discriminazione è indiretta quando nonostante le regole o le leggi vigenti siano apparentemente neutrali, esse di fatto favoriscono forme di esclusione. La discriminazione indiretta è più comune di quella diretta.

La discriminazione è nociva per le imprese in quanto restringe il bacino di risorse lavorative e professionali delle imprese stesse, rallentando la loro crescita economica. La mancanza di un clima di tolleranza si traduce nella perdita di opportunità di sviluppo di capacità professionali. In fine le discriminazione isola il lavoratore dalla sua comunità e danneggia la reputazione dell’impresa, compromettendo potenzialmente i suoi profitti e il suo valore azionario.

Prima di tutto le imprese dovrebbero rispettare le leggi locali e nazionali del paese in cui operano. Tutte le aziende che introducono misure per promuovere l’uguaglianza devono essere coscienti delle diversità di lingua, cultura e situazione familiare che possono esistere nella forza lavoro delle comunità in cui operano.

I manager dovrebbero essere a conoscenza delle diverse tipologie di discriminazione e di come esse possano colpire la forza lavoro. Particolare rilievo andrebbe dato all’assunzione di donne e di giovani. Infine le imprese dovrebbero promuovere l’uguaglianza sul posto di lavoro.

Le imprese possono adottare misure specifiche per affrontare la questione della discriminazione sul posto di lavoro ed eliminarla. Alcuni esempi possono essere:

  • istituire politiche e procedure interne all’impresa che pongano la qualifica, l’abilità e l’esperienza alla base delle assunzioni, del collocamento, della formazione e dell’avanzamento di grado del personale a tutti i livelli;
  • far sì che competa ai vertici dell’azienda la responsabilità del rispetto delle pari opportunità nell’impiego ed adottare politiche e procedure aziendali che applichino le regole delle pari opportunità;
  • attivare programmi per promuovere l’accesso a corsi di specializzazione per la riqualificazione professionale;
  • tenere un registro aggiornato sulle assunzioni, sulla formazione e sulle promozioni tale da fornire una visione trasparente sulle opportunità per i lavoratori di avanzare di grado all’interno dell’impresa;
  • qualora si verificasse un caso di discriminazione, sviluppare procedure ad hoc verso le quali indirizzare i reclami, gli appelli e fornire ai dipendenti l’opportunità di fare ricorso.

Fuori dal posto di lavoro le imprese dovrebbero comunque giocare un ruolo attivo nel combattere le discriminazioni, per esempio incoraggiando e sostenendo, all’interno della comunità, un clima di tolleranza e di pari accesso alle opportunità di lavoro per lo sviluppo dell’occupazione. Due esempi potrebbero essere i programmi di educazione per adulti e il sostegno di servizi per la salute e la sicurezza dei bambini.

In attività all’estero le imprese dovrebbero rispettare le tradizioni culturali e lavorare con i rappresentanti dei lavoratori e con le autorità governative, per assicurare uguali possibilità d’accesso al lavoro per le donne e le minoranze.

Alle imprese è richiesto di sostenere l’effettiva eliminazione del lavoro minorile

 

In quasi tutte le parti del mondo il fenomeno del lavoro minorile è comparso a più riprese. In molti paesi in via di sviluppo è tuttora un problema serio. In forme più nascoste, tuttavia, questo fenomeno sopravvive anche in alcuni paesi industrializzati ad esempio tra le comunità degli immigrati.

Il lavoro minorile priva i bambini della loro infanzia e della loro dignità. Molti lavorano per orari prolungati senza stipendio, sottoposti spesso a condizioni pericolose per la loro salute e per il loro sviluppo psicofisico, allontanati dalle loro famiglie e privati di un’educazione.
I bambini che non completano il ciclo di istruzione primaria sono destinati a rimanere analfabeti e a non acquisire mai le competenze per ottenere un lavoro e contribuire allo sviluppo della moderna economia. Il lavoro minorile è causato dalla povertà e dal sottosviluppo ma è anche semplicemente un risultato dello sfruttamento. Esiste sia nelle economie formali che in quelle informali, ma è in queste ultime che si riscontrano le peggiori forme di lavoro minorile.

Nonostante i bambini godano degli stessi diritti umani degli adulti, la loro mancanza di conoscenza, d’esperienza e di potere, fa sì che essi debbano godere anche di altri diritti, quali ad esempio il diritto alla protezione dallo sfruttamento economico e dai lavori che potrebbero compromettere il loro sviluppo. Questo non significa che ai bambini non dovrebbe esser permesso di lavorare, piuttosto esistono degli standard che definiscono quali lavori siano ammissibili o inammissibili per i bambini, in base alla loro età e allo stadio del loro sviluppo.

I datori di lavoro non dovrebbero usare il lavoro minorile in modi socialmente inaccettabili, che facciano perdere al minore le sue opportunità educative. La complessità della questione relativa al lavoro minorile comporta che le imprese debbano affrontarla con cautela senza intraprendere azioni che potrebbero condurre i bambini lavoratori verso forme di sfruttamento ancor peggiori.

Le convenzioni dell’ILO raccomandano un’età minima lavorativa che non deve essere inferiore all’età stabilita per completare la scuola dell’obbligo, e comunque non inferiore a 15 anni. Età inferiori sono consentite generalmente nei paesi in cui l’economia e le istituzioni scolastiche sono meno sviluppate. In questi casi l’età minima può scendere a 14 anni e per i lavori leggeri a 13. Invece per i lavori pericolosi, l’età minima deve essere 18 anni. La priorità deve essere data all’eliminazione, per tutti i soggetti minori di 18 anni, delle peggiori forme di lavoro minorile, inclusi le tipologie d’impiego a rischio.

Le peggiori forme di lavoro minorile sono:

  • tutte le forme di schiavitù – inclusi il traffico di bambini, il lavoro forzato e obbligatorio, la schiavitù per debiti e l’uso dei bambini nei conflitti armati;
  • l’uso, l’induzione o l’istigazione di bambini alla prostituzione, o il loro utilizzo per scopi pornografici;
  • l’uso, l’adescamento o l’offerta di bambini per attività illecite, in particolare la produzione e il traffico di stupefacenti;
  • il lavoro che, per sua natura o per le circostanze nelle quali viene svolto, possa compromettere la salute, la sicurezza o la psiche del bambino.

Comprendere a fondo le cause e le conseguenze del lavoro minorile è il primo passo che una impresa deve intraprendere nella sua azione per combattere questo fenomeno.

Innanzitutto è necessario verificare che la propria impresa non impieghi il lavoro minorile; per le imprese le cui filiere di produzione sono geograficamente distanti, è necessario essere particolarmente vigili. Scoprire se ci siano casi di lavoro minorile al proprio interno può essere tuttavia molto difficile ad esempio in assenza di documenti ufficiali, in questi casi le imprese possono valutare l’opportunità di utilizzare ONG locali, agenzie delle Nazioni Unite o altre organizzazioni che possano assisterle in questo processo.

Nell’eventualità in cui venga appurata la presenza di bambini nell’impresa essi devono essere allontanati e deve essere data loro una valida alternativa. Queste misure includono l’inserimento dei bambini nella scuola e l’offerta di alternative economiche per le loro famiglie. Le imprese devono essere consapevoli che, senza un appropriato supporto, i bambini potrebbero essere costretti a circostanze ancora peggiori come ad esempio la prostituzione e che, in alcuni casi, dove i bambini sono l’unica fonte di reddito per la famiglia, la loro rimozione immediata dal lavoro potrebbe esacerbare le già precarie condizioni di vita.

Sul posto di lavoro:

  • Aderire alle disposizioni sull’età minima vigenti nel paese in cui operano e, qualora la legge nazionale fosse carente, rispettare le leggi internazionali;
  • Utilizzare meccanismi adeguati per la verifica dell’età al momento dell’assunzione;
  • Qualora sul posto di lavoro venisse trovato un bambino con un’età inferiore a quella richiesta dalla legge, si dovrà procedere al suo allontanamento con misure adeguate e vie alternative, sia per lui che per i suoi familiari;
  • Esercitare la propria influenza sui subappaltatori, sui fornitori e su tutte le altre imprese affiliate per combattere il lavoro minorile;
    Sviluppare e migliorare meccanismi per combattere il lavoro minorile;
  • Assicurarsi che i lavoratori adulti abbiano salari decenti e condizioni di lavoro dignitose così da non avere bisogno di costringere i propri figli a lavorare.

Nella comunità in cui opera:

  • Contribuire allo sviluppo di linee guida per le associazioni industriali di categoria e per le piccole e medie imprese;
  • Sostenere la realizzazione di programmi per l’educazione, la formazione e la consulenza di bambini lavoratori e dei loro genitori;
  • Incoraggiare e contribuire al lancio di programmi supplementari di nutrizione e salute per i bambini sottratti a lavori pericolosi e provvedere alle cure mediche per aiutare quei bambini affetti da malattie professionali e da malnutrizione.

Alle imprese è richiesto di sostenere l'eliminazione tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio

 

Per lavoro forzato o obbligatorio si intende qualsiasi lavoro o servizio a cui un individuo viene costretto con la minaccia di ritorsioni o per il quale questa persona non si sia offerta volontariamente. Una retribuzione economica o una compensazione di qualsiasi tipo data ad un lavoratore non è sufficiente a garantire che non si tratti di lavoro forzato o obbligatorio. Il lavoro dovrebbe essere offerto liberamente ed il lavoratore dovrebbe essere libero di licenziarsi nel rispetto di regole stabilite.

Il lavoro forzato priva le società dell’opportunità di sviluppare risorse umane per il mercato odierno e di far crescere bambini capaci e opportunamente istruiti per il mercato del lavoro di domani. Delle conseguenze negative del lavoro forzato sono vittime gli individui, in particolare i bambini, ma ne risentono negativamente le stesse economie poiché il degrado del capitale umano e della stabilità sociale determina investimenti insicuri. Ritardando lo sviluppo adeguato delle risorse umane, il lavoro forzato inficia il livello della produttività e la crescita economica della società in generale.

Per quanto le imprese che operano nella legalità non adottino normalmente queste pratiche, esse possono indirettamente esserne complici attraverso i loro fornitori e contraenti. Per tanto tutti i manager dovrebbero essere consapevoli delle diverse forme e cause del lavoro forzato e di come potrebbero incorrere in fenomeni di questo tipo.

Il lavoro forzato e obbligatorio può assumere diverse forme:

  • schiavitù;
  • lavoro per debiti: una pratica antica, ancora in uso in alcuni paesi, che consiste nel fatto che adulti e bambini vengano obbligati a lavorare in condizioni di schiavitù per pagare debiti propri o dei propri parenti;
  • lavoro minorile in condizioni di particolare abuso in cui i bambini sono costretti a lavorare;
  • il lavoro dei detenuti se essi vengono messi forzatamente a disposizione di privati, imprese o associazioni, senza la supervisione delle autorità pubbliche;
  • lavoro forzato per svolgere incarichi richiesti dall’autorità ad esempio nell’edilizia, nell’agricoltura o nei lavori pubblici;
  • lavoro per punire individui che abbiano espresso opinioni o ideologie in contrasto con il sistema politico sociale o economico esistente;
  • pratiche di sfruttamento come straordinari obbligatori o depositi finanziari obbligati.

Le imprese dovrebbero innanzitutto verificare se nelle proprie attività ci siano o ci siano stati episodi di lavoro forzato. E’ importante ricordare che per quanto i casi più gravi si riscontrino nei paesi in via di sviluppo, il lavoro forzato è presente anche nei paesi industrializzati e deve essere pertanto affrontato come un problema mondiale.

Comprendere le cause del lavoro forzato è il primo passo da intraprendere per poterlo combattere. Sono poi necessari una serie d’interventi per affrontare non solo i bisogni individuali dei lavoratori forzati, ma anche quelli delle loro famiglie. Pertanto se vengono individuati casi di lavoro forzato, non solo questi individui devono essere assistiti, ma devono essere date loro alternative adeguate.

In generale una combinazione adeguata di azioni sul luogo di lavoro e nelle comunità in cui si opera, è necessaria per sradicare le pratiche di lavoro forzato.

Sul posto di lavoro:

  • dare a tutti i lavoratori una copia del contratto di lavoro in cui siano chiaramente specificate le condizioni dell’impiego, la natura volontaria del lavoro, la libertà di rescindere il contratto (con le eventuali procedure), ed ogni penalizzazione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro;
  • nel pianificare o condurre operazioni di mercato assicurarsi che non vi siano lavoratori costretti a schiavitù per debiti o qualunque altra forma di lavoro forzato. Nel caso in cui si dovesse verificare una tale situazione sottrarre immediatamente le persone coinvolte dal posto di lavoro, fornendo servizi adeguati e possibili soluzioni all’interno della comunità in cui si opera;
  • istituire politiche e procedure che proibiscano la richiesta ai lavoratori di versare depositi finanziari all’impresa;
  • nell’ assunzione di detenuti, fuori o dentro la prigione, assicurarsi che i lavoratori siano in possesso del permesso di lavorare con privati e che i termini e le condizioni del contratto siano le stesse di lavoratori liberi;
  • assicurarsi che in nessuna fase della produzione si verifichi lavoro forzato.

Nella comunità in cui opera :

  • assistere nella preparazione di linee guida per associazioni industriali, settoriali e piccole e medie imprese locali dove è noto che si ammettano la schiavitù per debiti o pratiche simili di lavoro forzato;
  • sostenere e coadiuvare progetti per lo sviluppo di programmi di istruzione, e formazione professionale e per la creazione di consultori per bambini sottratti al lavoro forzato;
  • aiutare lo sviluppo di corsi di formazione e sistemi di micro-credito per adulti sottratti al lavoro forzato;
  • incoraggiare programmi sanitari e nutrizionali per lavoratori sottratti al lavoro forzato pericoloso e provvedere ad un’assistenza sanitaria per quanti affetti da malattie professionali generate da lavoro forzato.

Alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva

Stabilire un dialogo reale con i rappresentanti dei lavoratori consente a lavoratori ed imprenditori di comprendere meglio le rispettive esigenze e di trovare soluzioni ad eventuali problematiche esistenti. Il rispetto del diritto alla rappresentanza è un pilastro fondamentale per costruire rapporti di fiducia da entrambi i lati.

La libertà di associazione e l’esercizio del diritto alla contrattazione collettiva consentono opportunità per un dialogo costruttivo.
Diversi studi effettuati indicano che la dinamica che consegue dalla libertà di associazione consente di attivare un ciclo di lavoro dignitoso che aumenta produttività, introiti e profitti per tutti i soggetti interessati. La garanzia del rispetto del diritto alla rappresentanza attuato dando voce ai lavoratori, facilita l’individuazione di risposte a livello locale alle sfide dell’economia globale e rappresenta la base per una crescita sostenibile e per attrarre investimenti sicuri. Ed è tanto più importante che ad essere inclusi in questo meccanismo siano anche i soggetti normalmente lasciati al margine di questi processi, in particolare le donne e i lavoratori informali.

Libertà di associazione
La libertà di associazione significa garantire ai propri impiegati ed operai il diritto a far parte di organizzazioni sindacali. Questo non significa che la forza lavoro debba essere obbligata ad associarsi o che l’impresa debba creare organizzazioni sindacali.
Il datore di lavoro non deve piuttosto interferire nella scelta del dipendente qualora questo decida di far parte di un’organizzazione sindacale e non deve neanche discriminare chi ha scelto un’associazione piuttosto che un’altra, o un suo rappresentante.
Garantire la libertà di associazione significa anche lasciare ai propri dipendenti del tempo libero per svolgere attività di formazione, gestione amministrativa dell’associazione ed elezione dei rappresentanti. La libertà di associazione coinvolge i rappresentanti degli operai, degli impiegati e dei sindacati, per discutere argomenti e problematiche inerenti al posto di lavoro, al fine di trovare accordi bilateralmente accettati. Con la libertà di associazione si dovrebbe anche garantire il diritto ai lavoratori di essere parte attiva nella difesa dei loro interessi sociali ed economici.

Contrattazione collettiva
Con il termine contrattazione collettiva si intende un processo o un’attività che porti ad un accordo collettivo. La contrattazione collettiva è un’azione volontaria, che serve a determinare i termini, le condizioni di lavoro e la regolamentazione dei rapporti tra impiegati, operai e le loro organizzazioni. Il principio che sta alla base della contrattazione collettiva deve essere quello della “buona fede”. Solo tramite una negoziazione trasparente e puntuale si possono raggiungere accordi che soddisfino entrambi le parti al fine di mantenere un ambiente lavorativo armonioso e produttivo.

Le imprese al fine di integrare il princiopio nella politica aziendale possono:

Sul posto di lavoro:

  • garantire a tutti i lavoratori la libertà di formare sindacati e organizzazioni e aderirvi;
  • essere sempre neutrali in merito ad assunzioni, valutazioni, promozioni, trasferimenti o licenziamenti;
  • fornire agevolazioni ai rappresentanti dei lavoratori per portare avanti le loro funzioni. Ad esempio: lasciar circolare il materiale relativo alle attività delle organizzazioni, lasciare esporre pubblicamente le informazioni, dare tempo libero retribuito per partecipare ad assemblee, riunioni ed eventi organizzati dai sindacati e dalle organizzazioni scelte.

Al tavolo della contrattazione:

  • riconoscere le organizzazioni rappresentative;
  • usare la contrattazione collettiva come opportunità per trattare argomenti quali le condizioni di lavoro e di impiego oppure i rapporti tra datore di lavoro e lavoratori;
  • cercare la soluzione o la prevenzione di alcuni problemi tenendo presente gli interessi dei lavoratori. Ad esempio: rispondere a bisogni quali la formazione o la ristrutturazione, stabilire regole disciplinari, assicurare strutture per la previdenza sociale o la sicurezza, sia per i lavoratori che per le loro famiglie;
  • fornire le informazioni necessarie per avviare un’equa contrattazione;
  • equilibrare i rapporti con i rappresentanti dei sindacati più influenti per garantire la sopravvivenza ad organizzazioni più piccole.

Nella comunità in cui operano:

  • valutare il sistema lavorativo ed amministrativo dei paesi in cui si opera. Ci sono paesi in cui la protezione legale è insufficiente e quindi bisogna assicurare e garantire sicurezza e riservatezza ai sindacati ed ai loro leader;
  • incoraggiare la creazione e l’operatività di sindacati ed associazioni imprenditoriali a livello nazionale e locale;
  • informare la comunità locale, i media e l’autorità pubblica, che l’impresa ha aderito al Global Compact e che intende rispettarne i principi, inclusi quelli fondamentali dei diritti del lavoro.
Alle imprese è richiesto di assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani

Il concetto di "complicità" è indubbiamente di difficile definizione. Intendere la complicità nel senso di non essere complici nella violazione dei diritti umani rappresenta un'importante sfida per le imprese.

Così come stanno cambiando le dinamiche tra i governi, le imprese e le organizzazioni della società civile, sta cambiando anche la concezione, di come e quando, le varie organizzazioni dovrebbero assumersi le responsabilità per la salvaguardia dei diritti umani. Stabilito che il ruolo dei governi nell'assicurare il rispetto dei diritti umani continua ad essere estremamente importante, il mutato contesto politico nel quale le imprese operano ha spinto l'Ufficio per l'Alto commissariato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHCHR) a concentrare gli sforzi per dare una definizione della complicità delle imprese nell'abuso dei diritti umani.

È importante capire come in un contesto aziendale la nozione di complicità assuma diverse forme:

  • Complicità diretta: si verifica quando un'impresa assiste consapevolmente ad una violazione dei diritti umani. Un esempio di complicità diretta potrebbe essere il caso in cui un'impresa acconsenta al trasferimento forzato dei lavoratori.
  • Complicità indiretta: si verifica quando un'impresa trae benefici diretti da abusi dei diritti umani commessi da altri. Si parla di complicità indiretta nel caso in cui un'impresa consenta che, al proprio interno, vengano commesse violazioni dei diritti umani ad opera delle forze dell'ordine, come ad esempio nel caso di : repressione di proteste pacifiche, oppure uso di sistemi di controllo repressivi sul posto di lavoro.
  • Complicità tacita: si verifica quando un'impresa accetta, senza interagire, il mancato rispetto dei diritti umani da parte delle autorità competenti del paese in cui l'impresa opera. Un esempio di complicità tacita potrebbe essere l'applicazione di leggi che prevedano discriminazioni etniche o di genere nella assunzione del personale.

Per evitare di essere complice negli abusi dei diritti umani, un'impresa dovrebbe:

  • condurre un'analisi della situazione riguardante i diritti umani nel paese in cui opera o in cui intende operare;
  • proteggere esplicitamente i diritti umani dei lavoratori siano essi impiegati diretti dell'impresa o facciano essi parte, a qualsiasi livello, della catena produttiva;
  • assicurarsi che le politiche di salvaguardia dei diritti umani siano state effettivamente introdotte nelle pratiche aziendali;
  • impegnarsi attivamente in un dialogo aperto con tutte le organizzazioni che difendono i diritti umani;
  • assicurarsi, nel caso di intervento di misure di sicurezza o forze dell'ordine, che queste rispettino sempre i diritti umani e chiarire esplicitamente in ogni accordo con esse che l'impresa non consentirà mai violazioni delle leggi internazionali a tutela dei diritti umani;
  • condannare privatamente e pubblicamente abusi continui e sistematici dei diritti umani.
Alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell'ambito delle rispettive sfere di influenza.

Ad essere responsabili dei diritti umani non sono solo i Governi o gli Stati. Le questioni relative ai diritti umani sono importanti sia per i singoli individui che per le organizzazioni di cui essi fanno parte.

Per rispettare l'impegno assunto aderendo all'UN Global Compact, le imprese dovrebbero sostenere e rispettare i diritti umani sia sul luogo di lavoro che in tutti gli ambiti delle loro rispettive sfere d'influenza.

Non è solo il diffuso imperativo morale ad adottare condotte socialmente responsabili a dover spingere le imprese verso questa direzione, ma piuttosto la consapevolezza che la salvaguardia dei diritti umani migliori le prestazioni dell'impresa stessa.

Tra i motivi per cui le imprese dovrebbero impegnarsi nella salvaguardia dei diritti umani ci sono anche:

  • Promuovere il ruolo della legge: le imprese dovrebbero assicurarsi quanto meno che le loro operazioni siano in linea con le leggi dei paesi in cui operano. Le imprese che operano al di fuori del loro paese d'origine, potrebbero avere l'opportunità di promuovere e aumentare gli standard in paesi dove l'impegno per il rispetto dei diritti umani è insufficiente. Le imprese che rispettano i diritti umani sono più stabili e contribuiscono a creare un ambiente favorevole agli affari.
  • Considerare gli interessi dei consumatori: l'avere accesso ad un'informazione globale consente ai consumatori di essere sempre più consapevoli sull'origine dei prodotti e sulle loro modalità di produzione. Un approccio favorevole ai diritti umani può contenere e prevenire l'impatto di una cattiva pubblicità proveniente dalle organizzazioni dei consumatori e da tutte quelle organizzazioni e associazioni impegnate nella salvaguardia dei diritti umani.
  • Gestire la catena di produzione: il fatto che l'approvvigionamento e la manifattura dei beni assuma ormai dimensioni mondiali, comporta che un'impresa debba essere assolutamente consapevole delle questioni relative ai diritti umani, e che sia necessario vigilare lungo tutto il percorso della catena di produzione. Promuovere le migliori prassi in materia di diritti umani darà la possibilità alle imprese di poter scegliere partner adeguati.
  • Aumentare la produttività e l'affidabilità dei lavoratori: lavoratori trattati dignitosamente e retribuiti equamente, non solo sono più produttivi ma anche più leali nei confronti del datore di lavoro. Inoltre chi è in cerca di lavoro tende ad essere sempre più informato sull'ambiente sociale ed economico dell'impresa alla quale sottopone la sua candidatura.
  • Costruire una buona rete di relazioni nelle comunità in cui operano: le imprese che operano su scala mondiale sono sempre più visibili e soggette ai giudizi dell'opinione pubblica mondiale come conseguenza dei progressi raggiunti dalle tecnologie dell'informazione.

Rispettare i diritti umani può dunque avere risvolti positivi per l'impresa, sia a livello delle comunità locali nelle quali essa opera, sia sulla sua reputazione a livello mondiale. Un buon punto di partenza per sostenere concretamente il rispetto dei diritti umani nell'ambito della propria sfera d'influenza potrebbe essere quello di affrontare e di diffondere all'interno della propria impresa tematiche relative alla salvaguardia dei diritti umani facendo ad esempio riferimento alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Si riportano di seguito alcune idee per implementare il rispetto dei diritti umani nella politica dell'impresa:

  • sviluppare politiche aziendali e strategie in supporto dei diritti umani;
  • sviluppare un sistema di gestione che rispetti le regole della sicurezza e della salute dei dipendenti;
  • organizzare corsi di formazione per lo staff in cui si affrontino tematiche relative ai diritti umani e chiarire come queste siano correlate alla dinamica aziendale;
  • effettuare una valutazione sistematica dei metodi scelti per garantire il rispetto dei diritti umani e prevedere dei meccanismi di monitoraggio costante;
  • discutere sulle problematiche relative alla salvaguardia dei diritti umani direttamente con i soggetti interessati;
  • migliorare le condizioni di lavoro attraverso il dialogo e le consultazioni con i lavoratori e i loro rappresentanti.

Alcuni esempi per mostrare come un'impresa possa garantire la salvaguardia dei diritti umani nelle sue operazioni quotidiane.

Sul posto di lavoro:

  • garantire condizioni di lavoro sane e sicure;
  • garantire libertà di associazione;
  • garantire la non discriminazione nella gestione del personale;
  • garantire che non si stia facendo uso direttamente (nella propria azienda) o indirettamente (attraverso la catena di alimentazione) di lavoro forzato o minorile;
  • provvedere all'assistenza medica di base, all'istruzione e all'alloggio dei propri dipendenti e delle loro famiglie, qualora questo non sia stato previsto altrove.

Nella comunità in cui opera:

  • prevenire il dislocamento forzato di individui, gruppi o comunità;
  • proteggere la sopravvivenza economica delle comunità locali in cui si opera;
  • contribuire al dibattito pubblico. Le imprese interagiscono, a tutti i livelli, con i governi dei paesi nei quali operano. Le imprese hanno quindi il diritto e ancor di più la responsabilità di intervenire, esprimendo il loro punto di vista in questioni che potrebbero influenzare le loro operazioni aziendali, i dipendenti, i clienti e le comunità locali delle quali l'impresa fa parte.

In ultimo se un'impresa dovesse necessitare di sistemi di sicurezza per proteggere le proprie operazioni aziendali, bisogna garantire il rispetto delle linee guida e degli standard internazionali sull'uso della forza (sistemi di sicurezza).


Principio I

Alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell'ambito delle rispettive sfere di influenza.

Principio II
Alle imprese è richiesto di assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani.

I diritti umani sono universali e sono riconosciuti a tutti gli esseri umani indistintamente. L'origine del Principio I e del Principio II è nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L'obiettivo di questa Dichiarazione era quello di stabilire uno standard minimo internazionale per la protezione dei diritti e delle libertà individuali. La natura di queste disposizioni fondamentali è tale che esse sono oggi largamente considerate come la base del diritto internazionale. In particolare i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani vengono considerati come legge consuetudinaria internazionale, vale a dire che non è richiesta la firma né la ratifica da parte dei singoli Stati perché esse vengano riconosciute come norme legali. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è una pietra miliare ed è stata tradotta in più di 437 lingue e dialetti. Per quanto alcuni dei suoi principi non siano applicabili direttamente al mondo del business, la consistenza con la dichiarazione è ritenuta tuttavia importante


Che cosa prevede la Dichiarazione Universale?

Uguaglianza
La Dichiarazione inizia con l'affermare come premessa fondamentale che "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti." La Dichiarazione prosegue poi chiarendo il concetto di uguaglianza affermando che "Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione."


Vita e sicurezza
Affermando il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona e affermando che nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù, né potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti vengono nella Dichiarazione ulteriormente sviluppati i concetti di dignità personale e sicurezza. Viene inoltre affermato il diritto dell'individuo ad un sistema legale nazionale equo e ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge. Viene inoltre stabilito che nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato, viene sancito il principio di presunta innocenza fino a prova legale contraria provata in pubblico processo e il principio della non retroattività delle pene.


Libertà Personale
La Dichiarazione Universale regola le questioni relative al diritto dell'individuo al rispetto della sua privacy e al non subire interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza e a non subire lesione del suo onore e della sua reputazione. Il diritto a cercare asilo, alla cittadinanza, a sposarsi o a fondare una famiglia e il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri, sono altresì proclamati dalla Dichiarazione. La libertà di pensiero, di coscienza e di religione nonché la libertà di opinione e di espressione sono inoltre sanciti insieme alla libertà di riunione e di associazione pacifica e il diritto a partecipare al governo del proprio paese.


Libertà economiche Sociali e Culturali
Relativamente ad altri aspetti della vita quotidiana dell'individuo, la Dichiarazione proclama il diritto alla sicurezza sociale ed economica, nonché i diritti sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità. Questi diritti devono essere realizzati attraverso uno sforzo nazionale e attraverso la cooperazione internazionale in rapporto con l'organizzazione e le condizioni di ciascuno Stato. Ad ogni individuo viene inoltre riconosciuto il diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, ad eguale retribuzione per eguale lavoro e ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. La Dichiarazione riconosce inoltre il diritto a fondare dei sindacati e ad aderirvi per la difesa dei propri interessi, il diritto al riposo ed allo svago, ivi inclusa una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. Ad ogni individuo viene inoltre riconosciuto il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessarie alla sicurezza, vengono inoltre riconosciuti i diritti all'istruzione e alla partecipazione alla vita culturale della comunità e alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

I Principi I e II del Global Compact delle Nazioni Unite esortano le imprese a promuovere la consapevolezza e la conoscenza dei diritti umani e di impegnarsi ad applicare questi valori universali all'interno delle loro sfere di influenza perché la responsabilità della tutela di questi diritti ricade su ogni singolo individuo all'interno della società.


Principio III

Alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva

Principio IV
Alle imprese è richiesto di sostenere l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio

Principio V
Alle imprese è richiesto di sostenere l'effettiva eliminazione del lavoro minorile

Principio VI
Alle imprese è richiesto di sostenere l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione


I quattro principi del Global Compact delle Nazioni Unite inerenti al lavoro sono stati ricavati dalla Dichiarazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Principi e i Diritti Fondamentali nel Lavoro. La Dichiarazione è stata adottata nel 1998 dalla Conferenza Internazionale del Lavoro che è una riunione annuale tripartita, alla quale partecipano governi, imprenditori e lavoratori di 177 paesi. La Dichiarazione chiede a tutti gli Stati membri dell'ILO di applicare i suoi principi, che sono in linea con le convenzioni sulle quali essa è basata. E' ormai universalmente condiviso il principio in base al quale tutti i paesi, indipendentemente dal loro grado di sviluppo economico, dai loro valori culturali e da quali e quante Convenzioni dell'ILO abbiano ratificato, abbiano l'obbligo di rispettare, promuovere e realizzare questi principi e diritti fondamentali. Nell'ultimo vertice del G8 tenutosi ad Evian (Francia) nel 2003, tutti i leader dei paesi più industrializzati del mondo hanno esortato le imprese a lavorare, insieme agli altri attori interessati, per attuare i principi enunciati nella Dichiarazione.

I Principi ed i Diritti enunciati dalla Dichiarazione dai quali sono stati ricavati i 4 principi dell'UN Global Compact inerenti al lavoro sono:

  • I lavoratori occupati sia nelle imprese multinazionali che nelle imprese nazionali dovrebbero godere, senza distinzione alcuna e senza previa autorizzazione, del diritto di creare organizzazioni di loro scelta e di affiliarvisi, così come dovrebbero avere il diritto di far riconoscere tali organizzazioni rappresentative ai fini della contrattazione collettiva.
  • Le imprese multinazionali così come le imprese nazionali dovrebbero impegnarsi ad abolire il lavoro forzato e obbligatorio in tutte le sue forme.
  • Le imprese multinazionali così come quelle nazionali dovrebbero perseguire politiche volte a promuovere l'uguaglianza nelle opportunità e nel trattamento in materia di occupazione, allo scopo di eliminare ogni forma di discriminazione fondata su razza, colore, sesso, religione, idee politiche, nazionalità o estrazione sociale.
  • Le imprese multinazionali così come quelle nazionali dovrebbero rispettare l'età minima di accesso all'impiego o al lavoro, in modo da assicurare l'effettiva eliminazione del lavoro minorile.

Obiettivo dell'ILO è quello di ottenere il supporto del mondo delle imprese su questi principi attraverso l'UN Global Compact. I principi sul lavoro sono relativi al riconoscimento dei diritti fondamentali sul posto di lavoro; la sfida per le imprese è quella di accogliere questi principi e applicarli all'interno delle proprie strutture. Per ogni tipo di approfondimento circa i temi trattati, compresi i testi fondamentali quali dichiarazioni e convenzioni dell'ILO, o il materiale può essere reperibile sul sito dell'ILO.


Principio VII
Alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali

Principio VIII
Alle imprese è richiesto di intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale

Principio IX
Alle imprese è richiesto di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l'ambiente


Un'azione concreta in difesa dell'ambiente iniziò nel 1972 con l'istituzione del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP). L'UNEP ha diretto e incoraggiato partenariati per la tutela dell'ambiente tramite, ad esempio, i Multilateral Enviromental Agreements che, al livello sia locale che globale, hanno affrontato problematiche quali le specie in via d'estinzione o i bisogni della conservazione e gestione delle risorse naturali. L'UNEP ha elaborato la maggior parte della legislazione internazionale attualmente esistente in materia di tutela ambientale.

I tre principi sulla tutela dell'ambiente espressi dall'UN Global Compact sono stati tratti dalla Dichiarazione dei Principi e dal Piano d'Azione Internazionale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (Agenda 21) definito dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo, riunitasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 Giugno 1992. Il capitolo 30 dell'Agenda 21 esprime il concetto che il commercio e il mondo imprenditoriale dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle risorse naturali e dell'ambiente. In particolare le imprese possono contribuire con l'uso di produzioni più pulite e una conduzione aziendale più responsabile.

I tre principi dell'UN Global Compact inerenti alla tutela dell'ambiente sono un punto di partenza per le imprese per affrontare le sfide chiave per la tutela dell'ambiente. In particolare i principi promuovono l'azione in aree quali la ricerca, l'innovazione, la cooperazione, la formazione e l'autoregolamentazione, in quanto tali azioni possono affrontare positivamente questioni quali il degrado ambientale e i danni consistenti ai sistemi vitali del pianeta generati dalle attività umane.

Principio X
Le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l'estorsione e le tangenti


La lotta alla corruzione costituisce una delle principali sfide mondiali. La corruzione rappresenta infatti un grande ostacolo allo sviluppo sostenibile e alla democrazie e ha un effetto devastante soprattutto sulle comunità più povere. L’impatto della corruzione sul settore privato è inoltre considerevole, essa impedisce la crescita economica, distorce la concorrenza fra le aziende e presenta seri rischi legali e reputazionali per le aziende. La corruzione è inoltre molto costosa per le imprese: secondo una stima della Banca Mondiale in molte aree del mondo le imprese avrebbero un ricarico di costi pari a circa il 10% proprio a causa delle pratiche di corruzione. La Banca Mondiale ha stimato che la corruzione è diventata un'industria da 1 miliardo di dollari .

Il rapido diffondersi nel mondo delle regole di corporate governance, ha indotto le imprese ad adottare misure anticorruzione tra quelle a difesa della reputazione e degli interessi degli azionisti. Le misure di controllo interno delle imprese includono sempre di più la valutazione delle questioni etiche e di integrità e un numero sempre maggiore di investitori è attento a questo tipo di controlli poiché da essi si determina il livello di buona gestione aziendale.

La lotta internazionale alla corruzione ha avuto di recente un grande slancio a seguito dell’adozione da parte dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica per lo Sviluppo (OCSE) della Convenzione OCSE sulla lotta alla Corruzione dei Pubblici Ufficiali stranieri nelle transazioni internazionali e a seguito dell’entrata in vigore nel dicembre 2005 del primo strumento internazionale adottato a livello mondiale: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione (UNCAC).