lenteLa transizione verso una nuova cultura aziendale dove finanza e responsabilità sociale d’impresa non parleranno più lingue diverse. E’ questo il valore aggiunto della direttiva che obbligherà le circa 6mila aziende europee con oltre 500 dipendenti a comunicare informazioni di carattere socio-ambientale oltre a quelle economiche, in base a quanto è emerso nel corso della Tavola Rotonda sul tema della direttiva 2014/95/UE che si è svolta lo scorso 5 giugno in occasione dell’evento di presentazione del bilancio di sostenibilità 2014 di Acea.

La direttiva, che dovrà essere recepita nelle legislazioni nazionali entro la fine del 2016 per entrare in vigore dal 2017, rappresenta una svolta nell’ambito della rendicontazione di sostenibilità, segnandone il passaggio all’obbligatorietà dalla volontarietà. La direttiva non scioglie i due nodi della rendicontazione della sostenibilità: l’obbligo di rendicontare specifiche informazioni non finanziarie porta, infatti, con sé il dilemma della non comparabilità delle informazioni pubblicate dalle aziende e a questo problema si affianca quello della sempre più impellente necessità di individuare sistemi di misurazione quali-quantitativi per i cosiddetti capitali intangibili.
Anche queste due criticità sono emerse nella tavola rotonda moderata da Riccardo Giovannini di RGA, a cui hanno partecipato in qualità di protagoniste tre utility (Hera, Iren e Acea) e altri stakeholder tra cui Utilitatis, Assonime, la Fondazione Global Compact Network Italia, la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, l’Università San Thomas (Angelicum) di Roma e il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Dalla discussione è emersa anche una visione comune e condivisa della direttiva quale effettiva opportunità di portare nei consigli di amministrazione aziendali i temi della sostenibilità. Anche se questo richiederà un cambio di mentalità, soprattutto da parte della sponda aziendale opposta a quella della sostenibilità, cioè di coloro che si occupano dell’attività finanziaria e del bilancio economico delle aziende.
«L’impatto più forte auspicato dalla direttiva è quello della transizione verso una nuova e innovativa cultura aziendale, dando luogo a una lettura evoluta del report economico che renderà chiara l’importanza e la necessità di misurare aspetti finora mai misurati», ha detto Gianluca Principato, responsabile del reporting di sostenibilità del Gruppo Hera.
E per le società che già redigono il bilancio di sostenibilità? Sarebbe facile pensare di poter soddisfare le richieste della direttiva con un semplice rimando al bilancio di sostenibilità. Ma questa sarebbe una interpretazione limitativa, se non distorta, della normativa stessa. La direttiva mira, infatti, a un obiettivo molto più ambizioso: quello di portare a un cambiamento di mentalità, a una sempre maggiore integrazione e collaborazione tra le due aree che oggi si occupano distintamente delle due tipologie di rendicontazione aziendale, quella tradizionale economico/finanziaria e quella della sostenibilità, fino a far si che queste non parlino più lingue diverse.
«Il vero valore della direttiva è proprio il cambiamento culturale che essa richiede, probabilmente attuabile mediante una lettura dei dati economico-finanziari in chiave Csr. Questo condurrà alla fusione dei due “mondi” aziendali della finanza e della RSI», ha detto Claudio Puliti, responsabili Csr di Acea.
Positiva è, secondo i partecipanti alla tavola rotonda, l’asseverazione da parte di un revisore esterno delle informazioni richieste dalla direttiva, così da escludere il rischio dell’autoreferenzialità delle informazioni pubblicate.
Leonardo Benvenuto, dirigente Area Diritto Societario di Assonime, ha detto che l’associazione si è già attivata inviando agli organismi competenti proposte di modifica della direttiva per un migliore recepimento, con particolare riferimento ad alcuni aspetti critici e poco chiari, tra cui quello del raggio di coinvolgimento della supply chain, del perimetro di rendicontazione e della portata del principio “comply or explain”.


(a cura di Alessia Albani, EticaNews 17 giugno 2015)

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